Di lettori, di non lettori e di librai

Prima, quando avevo una vita, scrivevo senza filtri e postavo direttamente sul blog di Fruttacandita. Andava tutto bene, anche quando avrei dovuto riscrivere o correggere.
Adesso che una vita non ce l'ho più devo stare attenta. Devo pensare bene a cosa scrivere, a come scrivere, a che argomenti tratto e a quello che potrei dire senza avere conseguenze spiacevoli per tutti. E allora comincio un post e poi lo cancello e preferisco scrivere romanzi o storie per bambini che non voglio più postare o far leggere online. Però il blog mi manca. L'immediatezza, la follia di scrivere quello che ti passa per la mente e poi lanciarlo in rete era una bella sensazione, mettersi alla prova.
La mia formazione letteraria imporrebbe adesso di spiegarvi cosa mi è successo in modo da farvi capire cosa intendo ma preferisco non farlo.
Sono felice, adesso. La Libreria Millestorie funziona, organizza incontri e lavora molto con tante scuole, dal nido alle superiori. In quel negozio si parla di libri, di editoria, di agenti letterari, di fotografia, di cinema, di illustrazioni. Era quello che volevo, è quello che so fare.
Quando ho aperto questo blog volevo raccontare giorno per giorno quello che sarebbe successo lì dentro, poi ho cambiato idea.
Le persone entrano e mi raccontano un pezzo di vita e scrivere di loro significherebbe tradirle tutte. Non lo farò, anche se a volte quando escono e fanno suonare la campanella della porta d'ingresso mi vengono in mente storie bellissime da scrivere. Sono tutti personaggi perfetti, che potrebbero appartenere a quei romanzi che tengo allineati, appoggiati sullo scaffale di legno in vetrina, thriller compresi.
Ci sono dei librai che scrivono dei loro clienti, di errori madornali nel chiedere il titolo di un libro famoso, che per forza ti strappano una risata quando leggi ma lo trovo irriverente. Ci lamentiamo che la gente non entra nelle librerie e poi quella che entra la prendiamo in giro? Ma perché? Perché non si sa il titolo di un libro? E chissenefrega. Magari loro sanno altre cose che ignoriamo o fanno un lavoro dieci volte più utile del nostro, che, oggettivamente, serve sì ma a poco.
"Sono orgoglioso che tu abbia aperto la prima libreria di Fagnano" mi ha detto un giorno mio figlio, facendomi pat pat sulla spalla.
In realtà non ho fatto niente di speciale per gli altri, ma ho fatto qualcosa di bello per me.



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